CROCE DEI MARTIRI AL PIME

 

Giovanna Dejua opera Croce dei MartiriLa Fondazione Giovanna Dejua, il 22 marzo 2017 a Milano, ha donato al Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) l'opera d'arte "Croce dei Martiri", realizzata nel 1992 da Giovanna Dejua dopo la notizia del martirio di suo cugino Padre Salvatore Carzedda, missionario del PIME.

In famiglia e per gli amici era chiamato "Battore". Il 20 maggio 1992 veniva ucciso a Zamboanga, nel sud delle Filippine. La sua attività missionaria e il suo impegno nel dialogo tra cristiani e musulmani attraverso il movimento Silsilah ha segnato la sua condanna a morte. Proprio per questa ragione il Centro missionario PIME di Milano ha scelto nel 2017 di porre la figura di Padre Carzedda al centro della Giornata dei missionari martiri che da alcuni anni ormai si celebra in prossimità del 24 marzo, data in cui ricorre l’anniversario dell'uccisione del beato Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, arcivescovo cattolico ucciso mentre stava celebrando la Santa Messa.

E' noto che dal 1855, per ben 19 volte, i missionari del PIME col martirio hanno versato un tributo di sangue a testimonianza della Fede.

In occasione del 25° anniversario dell'estrema testimonianza di Fede di Padre "Battore" (1992-2017), la Fondazione Giovanna Dejua ha proposto di donare l'opera d'arte realizzata in quell'anno dall'artista Giovanna Dejua, quadro che è stato ufficialmente accettato da parte del Superiore Generale del PIME, Padre Ferruccio Brambillasca.

Il dipinto su tela cm. 150x100, realizzato con tecnica acrilico e foglia d'oro 24 kt, è stato consegnato nelle mani di Padre Giorgio Licini, Direttore del Centro missionario PIME di Milano, al termine della celebrazione liturgica che si è svolta nella chiesa di San Francesco Saverio. Questa è stata presieduta da Padre Carlo Tinello, Superiore Regionale per l’Italia, concelebrata da numerosi missionari del PIME ed animata dai seminaristi del Seminario Teologico Internazionale di Monza.

Durante la Santa Messa sono stati ricordati sia Padre Salvatore Carzedda, sia Padre Tullio Favali e Padre Fausto Tentorio, altri due martiri del PIME nelle Filippine.

In memoria di Padre Salvatore Carzedda, dalle ore 21 si è tenuta la tavola rotonda dal titolo “Fino alle estreme conseguenze”, nel corso della quale hanno preso la parola Padre Giorgio Licini, Padre Paolo Nicelli e Padre Giulio Mariani, aventi tutti in comune un vissuto missionario nelle Filippine. Nell'ampia e affollata sala del Centro PIME è stata proiettata una video-testimonianza di Padre Sebastiano D’Ambra, fondatore di Silsilah, gruppo di dialogo interreligioso a Mindanao (Filippine), presso il quale operava anche Padre Salvatore Carzedda.

 

Memorie sul martire Padre Salvatore Carzedda espresse dai Padri del PIME (https://www.pimemilano.com/)
Padre Giulio Mariani - nel 1992 Superiore Regionale delle Filippine – ha ricordato il clima tra cristiani e musulmani nel periodo di missione di padre Salvatore. A quel tempo, il dialogo interreligioso era ancora agli albori. «Il vescovo di Zamboanga, all’epoca, diceva che “un buon musulmano è un musulmano morto”. I cristiani avevano paura dei musulmani e viceversa: c’era una cultura dell’odio assorbita col latte materno». In un contesto del genere – ha sottolineato padre Mariani - “Battore” (questo il familiare diminutivo di Padre Carzedda) arriva «con un entusiasmo e uno zelo travolgente». Di lui il confratello ha ricordato che «era capace di intavolare discorsi con tutti e con i musulmani ripeteva “Siamo fratelli, crediamo nello steso Dio, guardiamo alle cose che ci uniscono”. Il vescovo lo “usava” per andare a trattare con i musulmani perché era capace. Uno dei casi più delicati è stato quando lo ha mandato a parlare del mistero della Trinità. In quel frangente una giornalista musulmana, amica di Battore, ha raccontato che, in quel momento, le era sembrato «come Daniele nella fossa dei leoni». Purtroppo, su di lui aleggiò «il sospetto che battezzasse musulmani, ma questo non è vero. Non lo ha mai fatto».
Padre Giulio ha poi ripercorso gli attimi drammatici e indimenticabili della sera del 20 maggio, fino al ritrovamento del cadavere. «L’ho trovato in una pozza di sangue, col volto sereno, al volante del suo veicolo, che aveva attraversato la corsia contraria finendo contro un palo». Una moto con tre persone l’aveva seguito, quello in mezzo aveva una pistola e ha sparato« Salvatore aveva un foro dietro l’orecchio e ho capito che non c’era più nulla da fare». Da più segnali, ha aggiunto il missionario, si è capito che l’attentato «era qualcosa di premeditato». La veglia funebre e i funerali, ha poi concluso, sono stati la riprova di quanto fosse amato da cristiani e musulmani, che si sono accalcati per rendere l’ultimo saluto al mite missionario.
Padre Paolo Nicelli, che ha lavorato nelle Filippine alcuni anni, impegnandosi soprattutto nel dialogo islamo-cristiano, non ha avuto la possibilità di conoscere padre Salvatore, ma – ha raccontato – ricorda alla perfezione quando arrivò improvvisamente, nel seminario di Monza la notizia della sua uccisione. Ha poi continuato sottolineando come «il lavoro di padre Salvatore è stato importante perché ha educato tanti giovani a camminare insieme al di fuori del modello della violenza. I reclutatori del gruppo terroristico Abu Sayyaf (che in quegli anni stava cominciando ad emergere) vanno in cerca dei giovani dell’Università; il lavoro che facevamo noi con il Silsilah era precisamente contrario a quel modello». La storia del Silsilah, ha concluso padre Nicelli, è stata molto difficile, segnata alla guerra del 2003, dalle diffidenze sia interne alla Chiesa cattolica che al mondo musulmano. «Ma a distanza di molti anni dalla sua fondazione è ancora vivo e opera a servizio di cristiani e musulmani di Zamboanga e non solo».
Padre Giorgio Licini, direttore del Centro missionario Pime e missionario a Mindanao negli anni in cui vi operò padre Carzedda, ha infine ripercorso, meticolosamente, la travagliata storia dell’isola e della popolazione che vi abita. E lo ha fatto, incrociandola con la vicenda del Pime in quell’area, segnata – oltre che dal martirio di tre membri – dal rapimento di padre Luciano Benedetti nel 1998, di Giancarlo Bossi nel 2007 e dell’ex missionario Rolando Del Torchio nel 2016.

 

Simbolo e significato dell'opera "Croce dei Martiri"

Al termine della celebrazione liturgica tenutasi il 22 marzo 2017 nella chiesa di San Francesco Saverio, presieduta da Padre Carlo Tinello, Superiore Regionale per l’Italia, poco prima della cerimonia di donazione dell'opera pittorica "Croce dei Martiri" è stata letta la poesia che la stessa Giovanna Dejua ha dedicato al cugino missionario martire Padre Salvatore Carzedda e a tutti i Missionari Martiri del PIME:


CROCE DEI MARTIRI

Martire per Amore nel dialogo interreligioso e nel servizio ai poveri.
Col simbolo della Croce, apostolo e missionario
nel mondo, ma non del mondo, per gli ultimi del mondo.
Chiamato ad annunciare il Vangelo,
ha reso testimonianza della Fede in Cristo.
E nella prova, fedelmente, non ha rinnegato Cristo.
Quello stesso Cristo, crocifisso e risorto,
che continua a svelare all’umanità
il segreto del volto di Dio.
Ed è stato vero Martire,
perché il suo sangue ha nutrito le radici della Fede di tanti.
Ed è stato vero Martire,
perché i supplizi subiti hanno dato una speranza piena d'immortalità.
Ed è stato vero Martire,
perché morendo come il chicco di grano ha dato frutto in abbondanza.
Sanguis martyrum, semen christianorum!
Tertulliano narrava la Verità. Ancor oggi, per chi l’accoglie.
L’anima di Padre Battore, saggiata come oro nel crogiuolo,
è unita alla schiera celeste dei Martiri di tutti i tempi.

 

 

COMUNICATI STAMPA

Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME)

Centro PIME di Milano

 

RASSEGNA STAMPA

Chiesa di Milano - Diocesi Ambrosiana (22 marzo 2017)

Mondo e Missione (21 marzo 2017)

Chiesa di Milano - Diocesi Ambrosiana (20 marzo 2017)

 

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